Una virgola tra speranza e realtà futura (P1)
Sappiamo ormai da sempre, essendo credenti o meno, che la fede ha la capacità di farci spostare le montagne. Addirittura ne basta poca, un granello di senape.
La si fa talmente propria questa cosa che si finisce per credere di poter spostare gli oggetti, di realizzare qualsiasi cosa con la mente o con la forza delle parole diventando così fuori ogni canone soprattutto fuori concetto biblico. Per semplificare fuori di testa.
Questo ne è un esempio:
A parte l’ironia che ho voluto trarre dal film Ricomincio da Tre con protagonista Massimo Troisi, voglio partire da un concetto molto chiaro per chi conosce già questi versetti riportati di seguito, un pò contorto per chi lo legge per la prima volta perchè capisco che l’esposizione dell’apostolo Paolo può comunque risultare contorta. Per avere una idea più estesa ed estremamente bella sarebbe quella di partire dalla lettura del capitolo 5 della lettera ai Romani dove l’apostolo parla della giustificazione per fede con un concetto chiaro sull’inizio del peccato e della Grazia ma lascio questa curiosità a te di andarlo a leggere.
Voglio concentrarmi sul capitolo 7 di questa lettera ai Romani leggendo insieme i versetti che vanno dal 7 al 25 in un concetto, come ho già detto, a dir poco confusionario e articolato ma che ha la capacità di attrarre il lettore alla comprensione volontaria del significato:
Che cosa diremo dunque? La legge è peccato? No di certo! Anzi, io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire ». Ma il peccato, còlta l’occasione per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza; perché senza la legge il peccato è morto. Un tempo io vivevo senza legge; ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita e io morii; e il comandamento, che avrebbe dovuto darmi vita, risultò che mi condannava a morte. Perché il peccato, còlta l’occasione per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno e, per mezzo di esso, mi uccise. Così la legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono. Ciò che è buono diventò dunque per me morte? No di certo! È invece il peccato che mi è diventato morte, perché si rivelasse come peccato, causandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante. Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato. Poiché ciò che faccio io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio quello che non voglio, ammetto che la legge è buona; allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. Difatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così, dunque, io con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato.
Lettera ai Romani 7:7-25
Lo so che stai pensando di non averci capito nulla ma la sfida sta proprio in questo, approfondire la lettura per comprendere il sentimento di Paolo nel voler rappresentare la sua rassegnazione al peccato ma anche la consapevolezza del suo fare in Cristo.
Paolo riconosce in questi versetti il suo peccato. In cosa consiste il suo peccato? Consiste nell’essere nato come peccatore, ormai consapevole di vivere in un mondo peccante, dove la carne è nata nel peccato e dove la sua mente è libera da un concetto terreno, ovvero peccare come tutti gli altri.
Se consideriamo un drogato, un ladro, un omicida noi vedremmo in loro un peccato, delle persone che hanno scelto di peccare volontariamente e saremo pronti a giudicarli tali. Dall’altro canto del giudizio ci siamo noi, esseri perfetti, altri umili nel riconoscersi peccatori ma aggiungo non totalmente consapevoli di essere peccatori. Molti di noi crediamo di essere perfetti ma sappiamo che la perfezione non è da noi ma ci celiamo dietro le buone regole che in fondo crediamo di rispettare perchè riteniamo che le regole partono dai 10 comandamenti. Quindi essendo rispettosi verso i genitori, non rubando, non bestemmiando il nostro peccato è, secondo la nostra logica mentale, annullato. L’altro ramo di soggetti invece, riconosce di essere dei peccatori, come a volersi giustificare ma perennemente nel peccato perchè sostengono è la vita che li costringe ad esserlo. Questi non accettano o decidono un cambiamento personale per la loro vita.
Quindi ritorno al discorso di Paolo che afferma che un mondo senza legge è un mondo senza peccato. Per cui se non esisteva il comandamento di rispettare il padre e la madre, qualsiasi fosse stato l’atteggiamento che avremmo avuto con i genitori era giustificato. Essendo che c’è una legge, comandamento nel caso biblico del termine, sappiamo che dobbiamo trattare bene i genitori altrimenti pecchiamo venendo meno alla legge. Risultato è che fatta la legge trovato il peccato. In questo Paolo riconosce che la concupiscenza era peccato perchè la legge dichiara che è peccato concupire. Paolo oltretutto si rende conto che non può essere il giusto in mezzo al peccato perchè suo malgrado si ritroverebbe a peccare. Ciò non vuol dire che Paolo pecca ma in una vita fatta di tante regole, leggi, comandamenti il peccato è all’ordine del giorno.
Se pensiamo di non trasgredire le leggi attualmente in vigore posso affermare con certezza che noi le trasgrediamo tutti i giorni. Solo la notte fatta di sonno probabilmente ci impedisce di trasgredire.
Ok non siamo drogati, ladri, omicida ma facciamo le cose in regola, paghiamo le tasse, facciamo le nostre opere buone quotidiane ma poi in macchina mandiamo a quel paese quel pedone, superiamo perennemente i limiti di velocità perchè vorrebbero imporci di andare a 20 km/h ma la nostra vettura è capace di poter fare quel tratto a 80 km/h perchè è stabile, con dei buoni freni, con un buon assetto. Ecco questi sono semplici esempi di peccato. C’è una legge che impone un limite, lo si supera, si è in contravvenzione per la LEGGE del codice della strada. Contravvenire ad una legge è peccato ed in questo caso è punibile con una sanzione .
Non saremo dei drogati ma pur sempre peccatori, di altro ma peccatori. Biblicamente c’è un altro comandamenti che conosciamo benissimo ed è quello di amarci gli uni con gli altri. La morale è che non siamo migliori di altri sia essi estremamente pericolosi o “giusti” come noi.
Sperando che il concetto di Paolo sia un pò più chiaro, comprendiamo che l’apostolo è in discussione sui fattori umani e della vita che vorrebbe sforzarsi a vivere spiritualmente ma consapevole che la vulnerabilità arriva dalla sua mente che deve preservare. Fa riferimento alla sua mente perchè è la sua lucidità sul suo obiettivo di vita che lo rende consapevole del cammino, dell’errore e della salvezza che lo fa muovere nella speranza.
Riprendendo brevemente il capitolo 5 della stessa lettera ai Romani tra il versetto 1 ed il versetto 8 leggiamo:
Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto {, per la fede,} l’accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi, e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio; non solo, ma ci gloriamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce pazienza, la pazienza, esperienza, e l’esperienza, speranza. Or la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora senza forza, Cristo, a suo tempo, è morto per gli empi. Difficilmente uno morirebbe per un giusto, ma forse per una persona buona qualcuno avrebbe il coraggio di morire; Dio invece mostra il proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
Lettera ai Romani 5:1-8
Cosa è chiaro? Che per mezzo di Gesù Cristo abbiamo pace con Dio ma questa pace è anche un qualcosa che si sviluppa nella nostra vita.
Spero che questo articolo sia stato interessante e che possa metterti in discussione con la tua vita.
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